“Immigrati morti in mare, da quelle barche che
invece di essere una via di speranza sono state una via di morte”.
«
Adamo, dove sei?»: è la prima domanda che Dio rivolge
all’uomo dopo il peccato. «Dove sei, Adamo?». E Adamo è un uomo disorientato
che ha perso il suo posto nella creazione perché crede di diventare potente, di
poter dominare tutto, di essere Dio. E l’armonia si rompe,
l’uomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro che non è
più il fratello da amare, ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il
mio benessere. E Dio pone la seconda domanda: «Caino, dov’è tuo fratello?». Il
sogno di essere potente, di essere grande come Dio, anzi di essere Dio, porta ad
una catena di sbagli che è catena di morte, porta a versare il sangue del
fratello. Queste due domande di Dio risuonano anche oggi, con tutta la loro
forza; tanti di noi, mi includo anch’io, siamo disorientati, non siamo più
attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha
creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli
altri. E quando questo disorientamento assume le dimensioni del mondo, si
giunge a tragedie come quella a cui abbiamo assistito.
«Dov’è tuo fratello?», la voce del suo sangue grida fino
a me, dice Dio. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda
rivolta a me, a te, a ciascuno di noi. Quei nostri fratelli e sorelle cercavano
di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace;
cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la
morte. Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, non
trovano accoglienza, non trovano solidarietà – e le loro voci salgono fino a
Dio.
Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e
sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro,
saranno altri, non certo io. Ma Dio chiede a ciascuno di noi: «Dov’è il sangue
di tuo fratello che grida fino a me?». Oggi nessuno nel mondo si sente
responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna;
siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore
dell’altare, di cui parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo
il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e
continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci
tranquillizziamo, ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a
pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere
in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del
futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta
alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione
siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla
sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro. Ma io
vorrei che ci ponessimo una terza domanda: «Chi di noi ha pianto per questo
fatto e per fatti come questo?», chi ha pianto per la morte di questi fratelli
e sorelle?
Chi ha
pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano
i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le
proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del
piangere, del “patire con”: la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la
capacità di piangere. Nel Vangelo abbiamo ascoltato il grido, il pianto, il
grande lamento: «Rachele piange i suoi figli… perché non sono più». Erode ha
seminato morte per difendere il proprio benessere, la propria bolla di sapone.
E questo continua a ripetersi…
Domandiamo al Signore che cancelli ciò che di
Erode è rimasto anche nel nostro cuore; domandiamo al Signore la grazia di
piangere sulla nostra indifferenza, di piangere sulla crudeltà che c’è nel
mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche
che aprono la strada a drammi come questo. «Chi ha pianto?», chi ha pianto oggi
nel mondo?.
Signore in questa Liturgia, che è una Liturgia di
penitenza, chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle,
ti chiediamo, Padre, perdono per chi si è accomodato, si è chiuso nel proprio
benessere che porta all’anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro
che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che
conducono a questi drammi. Perdono Signore; Signore, che sentiamo anche oggi le
tue domande: «Adamo dove sei?», «Dov’è il sangue di tuo fratello?».”
solo se ci fermiamo nella corsa della vita e facciamo silenzio nel Signore ci possiamo accorgere dei bisogni dei nostri fratelli.
RispondiEliminail correre verso noi stessi è terra fertile per l'indifferenza. fermiamoci di più con Gesù. grazie Papa Francesco